Venafro
Per la sua posizione di transito nel percorso che conduceva verso l'entroterra del Sannio, Venafro ha sempre rappresentato un anello di collegamento anche dal punto di vista difensivo dell'alta Valle del Volturno. Posto a Nord-Est dell'area di inurbamento di età romana, il castello assunse le forme tipiche di una fortificazione-recinto intorno al X secolo. In questo periodo Venafro era uno dei gastaldati del Ducato di Benevento e quindi un centro in cui agiva uno dei rappresentanti territoriali del duca. Col trascorrere dei secoli fasi di intervento si alternarono a momenti di stasi, come accade durante l'occupazione aveva, periodo in cui Venafro fu privata dell'uso delle fortificazioni subendo la totale distruzione del sito. Del castello-fortificazione abbiamo una descrizione nelle Memorie Historiche del Sannio del Ciarlanti, storico del XVII secolo che descrive: è un nobile e fortissimo castello, degna abitazione in vero di nobilissimi signori che l'hanno dominata. Le aggiunte ordinate in periodi successivi non consentono una chiara lettura delle stratificazioni del monumento. Attualmente esso si presenta articolato intorno ad un cortile rettangolare, da cui un tempo si accedeva agli ambienti di servizio come magazzini, cisterne, forni, cucine e mediante una scalinata ai piani superiori. Sono evidenti le trasformazioni che la struttura ha subito in periodo aragonese, identificabili nei bassi camminamenti di ronda sulla controscarpata delle torri cilindriche e delle cortine interposte sul lato sud-orientale secondo l'esempio del coevo Castelnuovo di Napoli. Di particolare importanza è all'interno la ricca e pregiata decorazione ad affresco. Essa si snoda su tutto il piano nobile e il tema centrale è costituito da una teoria di cavalli a grandezza naturale realizzati per volere di Enrico Pandone che con la sua famiglia abitò il castello nel corso della prima metà del XVI secolo. L'episodio figurativo del castello Pandone rimane isolato;non ci è giunta notizia di altri cicli cinquecenteschi di soggetto religioso, né di imprese decorative nei palazzi abitati nel XVI secolo della piccola nobiltà locale. Attualmente la Soprintendenza sta completando i lavori di restauro dell'intera struttura, anche se alcune sale sono aperte al pubblico per la visita.
IL LOGGIATO
Il loggiato si inserisce sovrapponendosi all'impianto turrito dello spigolo occidentale, mettendo in evidenza la totale indifferenza ai problemi di difesa. Vi si accede mediante una scala aerea esterna. La particolare posizione del loggiato, evidenzia una ricerca paesistica, è prevalente il carattere di godimento estetico sul territorio circostante, soprattutto in funzione dell'effetto coloristico del tramonto del sole. La sua ariosità è esaltata dalla sequenza delle quattro arcate binate che si aprono verso meridione e verso occidente, sostenute da pilastri le cui cornici modanate, a specchio fortemente rientrante, ricordano alcuni esemplari stilistici presenti, tra l'altro, in un portale bramantesco del chiostro di Santa Maria della Pace a Roma.
I CAVALLI
Enrico Pandone possedeva una scuderia con circa trecento cavalli di varie razze che vendeva o regalava a personaggi insigni dell'Italia meridionale del tempo. Da questa sua passione nasce un ciclo decorativo unico nel suo genere, che vede le stanze del piano nobile del castello trasformarsi in una sorta di album fotografico, con una sfilata di immagini di cavalli, scelti tra i favoriti del conte Enrico. Artisti ignoti giungono tra il 1521 e il 1527, per dipingere stanza dopo stanza, a grandezza naturale, gli esemplari più belli della scuderia, con una tecnica che rappresenta quasi un unicum nella storia dell'arte: su un veloce disegno preparatorio le sagome dei cavalli sono modellate in basso rilievo e poi dipinte ad affresco. Ognuna è caratterizzata dalla propria sella e da eleganti finimenti, contrassegnati dal marchio a fuoco di Enrico - un rombo inscritto in un quadrato e sormontato da una croce con al centro la lettera H - e accompagnata da un morso dipinto con dovizia di particolari. Ciascun cavallo è individuato da precise annotazioni circa la razza, l'età e il nome. Tra tutti i cavalli spicca l'imponente esemplare nominato San Giorgio, fatto pervenire da Enrico nell'ottobre del 1522 all'imperatore Carlo V.
FONTE: "Castelli e Fortificazioni del Molise" pubblicazione a cura dell'IRESMO