FOSSO PAMPALONE - MACCHIAGODENA
Il territorio del comune di Macchiagodena ha una conformazione assai varia, modellata dai rilievi a nord-ovest di Vallefredda, e ad est dalle alture di Colle Monacello e di Colle Confalone (quota m. 1348 s.l.m.).
La geomorfologia del territorio è accentuata da rilievi montuosi nella parte nord, mentre verso sud la geomorfologia cambia a causa della presenza di terrazzi naturali che degradano verso la pianura di Bojano fino a quota 511 s.l.m. La presenza di acque provenienti la maggior parte da Valle Fredda accentua la plasticità dei rilievi collinari, marcandone l'aspetto con profonde gole e fossati.
Nel complesso, il territorio fa parte di quell'area delimitata dal massiccio del Matese e dalla depressione di fondovalle della Piana di Bojano, dove correva la grande viabilità, e le alture dell'Alto Molise. La conformazione geologica è costituita da rocce calcaree, arenarie e argille; queste ultime si espandono dal versante subito a valle dell'attuale centro urbano a sud-est fino a raggiungere il fondovalle.
La ricchezza primaria del territorio preso in esame è l'abbondante presenza di acqua, che raggiunge l'apice nella località di Valle Fredda, come le numerose sorgenti sparse lungo i pendii collinari di Macchiagodena.
Gli insediamenti archeologici individuati legano la loro presenza al territorio proprio per le numerose sorgenti di acqua, come nel caso del tempio italico di Valle Fredda, posto nei pressi dell'omonima sorgente lungo il braccio del tratturello che collegava il Pescasseroli-Candela con l'Alto Molise.
Recenti indagini topografiche hanno permesso di individuare nella medesima area un insediamento molto esteso indicato dal toponimo locale “Capoccia”, dove è stata evidenziata una cospicua quantità di materiale fittile, comprendente tegole e ceramica a vernice nera Campana A. [pagebreak]
Valle Fredda, con la sua posizione geografica gravitante sull'importante asse viario di collegamento tra il Pescasseroli-Candela ed i restanti tratturi dell'Alto Molise, pur avendo carattere di un insediamento secondario rispetto ai principali centri sannitici, rappresenta un luogo fondamentale per il trasferimento degli armenti dall'altura alla pianura e viceversa, e proprio in questa prospettiva l'indagine archeologica potrebbe svolgere un ruolo rilevante, nei prossimi anni, per accertare l'estensione e l'importanza di tale insediamento. Oltre che all'allevamento, i fertili pendii dell'area sono particolarmente adatti alla coltura dei cereali, dei legumi e dei vigneti.
Nonostante non siano mancati finora ritrovamenti sporadici di una certa importanza, come quelli di una brocca tipo Schnabelkanne di bronzo di fine VI inizi V secolo a.C. e di tre situle di bronzo e due tegami, con manico a forma di avambraccio sinistro con mano aperta e a testa di oca, della prima età imperiale romana, da località imprecisate, ora al Museo Provinciale Sannitico di Campobasso, una statua in marmo e ruderi in mattoni rinvenuti nel 1833 in località Santo Stefano, e di una rara moneta di bronzo attribuita alla zecca di Venafro “dal monte sovrastante Frosolone”, il territorio di Macchiagodena rimaneva sostanzialmente inesplorato.
Nella stessa località Santo Stefano, fondo Cepario, è stata ora recuperata una stele funeraria frammentaria con figura femminile togata in calcare del I secolo a.C. (lungh. cm 93; alt. cm 95; sp. cm 32) e due grandi mattoni, che si conservano presso il Municipio. Nella località Santa Lucia, fra antichi ruderi, fu rinvenuta l'iscrizione funeraria CIL IX, 2571.
Una cinta muraria in opera poligonale è nota da tempo nel territorio di Frosolone. Inoltre, sulla piazza antistante il Municipio si conserva un bel leone funerario romano in calcare, che mostra evidenti tracce di riutilizzo come fontana, e che trova molti confronti in ambito sannitico. Il territorio doveva ricadere, almeno in età romana, in quello della vicina Bovianum.
Pur delineandosi nello studio del territorio la fondamentale e naturale funzione di luogo di transito dell'area, lo studio del paesaggio ai fini del rilevamento di insediamenti rurali d'epoca italica ha permesso anche l'individuazione di una vasta area insediata in epoca ellenistica nella località Fosso Pampalone-Piana d'Achilie, sita a m 860 s.l.m.
La scoperta è stata resa possibile attraverso la sistematica ricognizione topografica del territorio avviata dal 1996 nella provincia di Isernia.
La località Fosso Pampalone-Piana d’Achille assume un ruolo primario nello studio degli insediamenti preromani in quanto la sua posizione di mezza costa pone l'accento sui siti prima delle guerre sannitiche ed il suo rapporto con una viabilità fino ad oggi sconosciuta.
Il principale asse viario del territorio in esame era costituito da una via campestre, ancora oggi in parte percorribile, che dalla località Centomani, attraverso Incoronata, San Sisto, Santa Maria in Pantano giungeva presso il Fosso Pampalone per poi attraversare Colle San Martino - ove recentemente è stato individuato un piccolo tempietto -, proseguendo per Frosolone, dove è da tempo nota una cinta fortificata in opera poligonale. La carta I.G.M.I. scala 1:25000 riporta presente nell'area una strada con il toponimo “Via Vecchia”. Proprio durante i lavori agricoli nella località Fosso Pampalone, sono stati rinvenuti da alcuni privati numerosi reperti ceramici. [pagebreak]
Tale fatto ha costituito la motivazione della ricerca archeologica, con un intervento di somma urgenza in seguito ad un'aratura in profondità, avviato il 26 maggio 2004. Durante le ricognizioni preliminari è stato raccolto interessante materiale a vernice nera e acromo, scorie di ferro e di ceramica, e un bollo latino su tegola C. FERI, in cartiglio rettangolare (lungh. cm 6; alt. cm 2, 8 alt. delle lettere cm 1,8; argilla nocciola poco depurata), disseminati su di un'area piuttosto vasta.L’area indagata è costituita da due saggi, uno di 10 x 8 m, ed il secondo di 4 x 4 m.
Nel saggio 1 è stato messo in evidenza il pavimento di un ambiente, con orientamento est-ovest, dotato probabilmente di un banco in legno con base in muratura lungo il muro nord, con pavimento in calce su solido supporto di preparazione, decorato all'intorno da una fascia di tessere di mosaico nere, contornata da linee di tessere bianche.
Il manufatto era coperto da uno strato nero di bruciato US 4, costituito da numerosi carboni, ceramica e laterizi combusti. I livelli relativi alla struttura muraria dell'ambiente sono relativamente poco interrati e quindi in parte danneggiati dai lavori agricoli. Nonostante ciò, al di sotto dell'humus ad est dell'ambiente, è stato possibile mettere in evidenza il livello stratigrafico relativo ad un crollo, in cui sono ben visibili tracce di incendio e di distruzione dell'edificio. Sono visibili nello strato un numero cospicuo di tegole e coppi, e un bollo laterizio con cartiglio rettangolare PRIAMI e con stampino superiore a testa di toro.
Al disotto di tale strato di distruzione si sono evidenziate alcune strutture in scaglie di pietra calcarea legate con malta, con andamento est-ovest e in probabile relazione con l'ambiente con pavimento a fasce di mosaico. Si è potuto verificare in parte che alcune murature a secco, pertinenti ad una fase più antica, sono sigillate al disotto di uno strato di argilla di color grigio che in parte è stato asportato dai livelli agricoli.
Per quanto concerne il livello di incendio e distruzione dell'US 5, relativamente ai dati raccolti, bollo laterizio latino PRIAMI, già citato, in cartiglio rettangolare con soprastante cartiglio quadrato più piccolo, con testa di toro, che pare inedito (potrebbe riferirsi alla rivolta degli ltalici) e tipologia edilizia dei pavimento con fascia di mosaico, si può ipotizzare una fase di distruzione in età sillana o comunque nell'arco dei I secolo a.C.
Sopra il crollo finale, si è evidenziata una tomba sconvolta, probabilmente tardo-antica: nell'area sono stati infatti raccolti pochi frammenti di sigillata chiara C e D, un'ansa di lucerna chiusa e una monetina di bronzo illeggibile, ma probabilmente tardo-antica.
Il muro, costruito a secco, con pietra calcarea locale di forma regolare, è correlato con alcuni materiali, probabilmente votivi e pertinenti a un culto all'aperto. Lungo il suo lato Est, infatti, si è rinvenuta una patera a vernice nera con graffiti in osco e, accanto a questa, una fibula in ferro mal conservata con pendenti costituiti da due anelli di bronzo e 4 grani in pasta vitrea. A breve distanza si è rinvenuto un interessante louterion acromo (frammenti della stesso tipo con decorazioni a linee incise e a zig-zag erano stati rinvenuti in questa stessa area durante le ricognizioni preliminari), sotto il quale si sono raccolte ossa combuste di animali, tra i quali è stato possibile determinare una seconda falange di bue, una porzione distale di omero ed un astragalo di ovicaprino, una valva di conchiglia (Glycimeris sp.), una patera con relativo coperchio acromi e un balsamario acromo con coperchio a vernice nera. Si sono rilevati ceneri e grossi pezzi di carbone. Da questa stessa area proviene un guttus miniaturistico a vernice nera (diam. cm. 5, 5; alt. cm. 3, 5) e altro materiale cera- mico dei IV-III secolo a.C. che sembra testimoniare la presenza di un luogo di culto all'aperto.
Lo scavo sistematico dell'insediamento permetterà certamente di acquisire importanti dati sul popoiamento dei Sannio Pentro e quindi sarà programmato per i prossimi anni.
Fonte: Lo scavo archeologico di Macchiagodena, località Fosso Pampalone: notizie preliminari, articolo a cura di Mario Pagano e Michele Raddi dalla rivista Conoscenze (anno 1 numero 1-2 del 2004) - Direzione Regionale per i Beni Paesaggistici del Molise