Geologia e geomorfologia
Come in tutto l'Appennino Centrale, anche alle Mainarde le formazioni rocciose dominanti sono costituite da calcari, con qualche interposizione dolomitica, mentre nelle parti più basse affiorano formazioni marnose, argillose ed arenacee. È bene precisare, tuttavia, che si tratta di una delle aree geologicamente meno note dell'intero Appennino, che nasconde ancora vari enigmi insoluti e qualche vero e proprio «rebus» geologico: e che non mancherà forse di riservare ai ricercatori ulteriori sorprese.
Sono evidenti, lungo tutta la catena, i segni del glacialismo: circhi glaciali presso le vette maggiori, alcuni dei quali assai ben conservati; valli glaciali dal tipico profilo ad U, come nel magnifico pianoro delle Forme; depositi morenici dalla testata allo sbocco delle valli, come ai Biscurri e lungo la valle di Mezzo. Vi sono inoltre rocce montonate e, specialmente nel già ricordato pianoro delle Forme, grossi massi erratici. Si può inoltre riconoscere, benché meno vistosamente che in altre zone del Parco, il modellamento carsico: che offre una serie di doline, polje ed uvala, oltre a grotte, spelonche e cavità sotterranee, per la maggior parte ancora da esplorare compiutamente. L'erosione dei venti e delle acque ha lasciato tracce palesi, tra cui spiccano gole, calanchi e bellissime «marmitte dei giganti» del tipo di quelle ben visibili a chi si affacci sul rio Colle Alto, dal belvedere di fronte a San Michele a Foce.
Ben diversa, del tipo collinare più dolce e regolare, si presenta la morfologia alle quote inferiori: qui la cerchia dell'anfiteatro montuoso cinge radure, altipiani e pianure alluvionali, coltivati fin dall'antichità per la loro fertilità e ricchezza di acque, la più famosa delle quali è certamente quella dove sorge l'abbazia di Castel San Vincenzo. Notevole nei corsi d'acqua delle Mainarde è la formazione di anse e meandri, che imprimono un andamento mosso e irregolare al paesaggio fluviale e ripario, ancora ricco di aspetti genuini ed incontaminati.
Molte sono le attrattive delle Mainarde, ma una delle più cospicue è senz'altro costituita dalle sorgenti del Volturno, uno dei «fiumi sacri» d'Italia, il massimo corso d'acqua del nostro Mezzogiorno. Pur se imbrigliate e trasformate nel corso dei secoli, le cosiddette «fonti del Volturno» rappresentano ancor oggi un luogo di grande suggestione e ispirazione, cui doveva riferirsi l'archeologo Amedeo Maiuri accennando al suo avvicinarsi «in mezzo a filari di pioppi, alla pace delle sorgenti chiuse all'interno da un muro come entro il peribolo d'un tempio». Da qui partiva il famoso acquedotto augusteo di Venafro, opera grandiosa capace di riportare «alla religione delle acque e alla maestà dell'antica Roma».