Con la denominazione di Volo dell’Angelo viene identificato un rituale che si realizza in forma di sacra rappresentazione e che vede come “attori” dei fanciulli, i quali, opportunamente istruiti al compito ed appositamente vestiti per le esigenze sceniche, interpretano un ruolo che li rende protagonisti d’una tra le più suggestive cerimonie cultuali oggi presenti nella religiosità popolare italiana.
Alla fine dell’Ottocento, Angelo De Gubernatis, ospitando nella Rivista delle tradizioni popolari italiane, da lui diretta, un articolo di Gaetano Amalfi sul volo dell’angelo, ebbe a sottolineare che si trattava d’una costumanza piuttosto diffusa “nel Mezzogiorno, e specialmente nel Molise”.
Nel prendere atto di tale asserzione, bisogna convenire che non è possibile oggi accertare quale fosse, a quel tempo, la reale presenza del rito nel territorio molisano. Sta di fatto che essa, attualmente, è del tutto marginale e non paragonabile alla tradizione di altre regioni, come, ad esempio, la Campania.
Certo è che in passato più di un paese molisano potesse vantare la pratica di simili rituali. A Campolieto, ad esempio, la calata è stata in uso fino a circa sessant’anni fa, e si metteva in scena in occasione della festa di San Michele Arcangelo (29 settembre).
Anche ad Isernia c’era l’usanza d’una simile sacra rappresentazione. Il rito si svolgeva in Piazza Sanfelice, dove “…intorno al 1925 si organizzava il “volo degli Angeli” legando da una fune tra il palazzo Veneziane e il palazzo Magnante e lanciando nel vuoto due Angeli”
Si hanno notizie del Volo anche per Civitanova del Sannio; qui la rappresentazione era legata alla festa di San felice martire (29-30 agosto).
Per Campolieto, Isernia, Civitanova e Montorio si tratta di rituali non più praticati da decenni. C’è, però, un paese molisano che può vantare un rilevante survival in tal senso: Vastogirardi, in provincia d’Isernia, il cui Volo dell’Angelo è stato sommariamente descritto, nel 1977, da Teodoro Busico.
IL VOLO DELL’ANGELO A VASTOGIRARDI
L’inizio di luglio è periodo festivo importante per Vastogirardi. I primi due giorni del mese sono dedicati alla celebrazione della ricorrenza della Madonna delle Grazie, con la rappresentazione del Volo dell’Angelo, che tenta di coniugare religiosità popolare e spettacolarità. Il 3 luglio, inoltre, il paese festeggia il patrono, San Nicola di Bari, in una data diversa da quelli che, in altri luoghi, sono i giorni solitamente riservati a questo santo.
A Vastogirardi, la tradizione del Volo non è molto antica. Infatti, per quanto documentato dalle fonti locali, la prima edizione risalirebbe al 1911. Si tratta di un’usanza mutuata da altre culture e trapiantata nella località altomolisana ad opera di Vincenzo Nicola Liberatore. Costui, all’esordio del Novecento, volle far ampliare la cappella dedicata alla Vergine delle Grazie. I lavori durarono una decina d’anni e la cappelletta si trasformò in una bella chiesa.
Terminate le opere, in occasione dell’inaugurazione dell’ampliato edificio sacro, Vincenzo Liberatore volle che l’evento fosse celebrato in modo caratteristico e memorabile. Pertanto, egli pensò a qualcosa in grado di meravigliare i suoi compaesani. Fece, così, realizzare un sistema di carrucole che, collegando la chiesa ad una casa che la fronteggia, consentisse di rappresentare la scena del Volo dell’Angelo.
Sembra che egli abbia incontrato qualche scetticismo tra i suoi compaesani, i quali ritenevano pericoloso far scorrere in aria, appesa a delle corde, una bambina. Allora, per la prima edizione del Volo, che si tenne il 2 luglio 1911, Vincenzo decise che ad interpretare l’Angelo fosse sua figlia Maria Carmela. La rappresentazione ebbe favorevoli riscontri, ma negli anni immediatamente successivi non fu ripetuta. Infatti, anche perché oberato dai debiti a causa delle spese sostenute per l’ampliamento della chiesa, Vincenzo Liberatore lasciò Vastogirardi ed emigrò nelle Americhe. La festa in tal modo tornò ad essere celebrata senza la scena dell’Angelo.
Nel 1921, però, non si sa per quale input rivitalistico, il Volo fu nuovamente rappresentato e, dopo nuove interruzioni, la sacra rappresentazione ha trovato negli ultimi decenni regolare e documentato svolgimento.
L’Angelo viene rappresentato sempre da una bambina, preferibilmente di età compresa tra quattro e sei anni, anche se non sono mancate fanciulle di età superiore. La bambina viene vestita con un costume di scena (tunica monocolore e posticce ali decorate), quindi è assicurata ad un solido cavo d’acciaio per mezzo d’una imbracatura di cuoio, imbottita e foderata di velluto. L’imbracatura è dotata di un congegno di carrucole, al quale si legano pure alle caviglie della bimba.
Il percorso del Volo è lungo circa 40 metri e viene compiuto più volte, ad un’altezza di pochi metri dal suolo. L’Angelo “vola” dal balcone di una casa fino alla statua della Madonna che, in tale occasione, viene esposta davanti alla facciata della chiesa. Una robusta corda, manovrata da uomini esperti, fa scorrere l’Angelo lungo il cavo d’acciaio. I voli sono accompagnati dalla musica che una banda suona a mo’ di colonna sonora ad ogni percorso di andata e ritorno. Il sistema di carrucole non consente all’Angelo di voltarsi, per cui la bimba compie i viaggi senza mai girare le spalle alla Madonna.
La sera del 1° luglio, alle 21 circa, l’Angelo, con ali bianche e vestito del medesimo colore, compie tre voli. Al primo, giunto dinanzi al simulacro, recita una preghiera di ringraziamento alla Vergine. Al secondo, sparge incenso verso la statua. Al terzo, lancia petali di fiori verso la Madonna e poi, lungo il tragitto di ritorno, anche al pubblico.
La mattina del 2 luglio, dopo mezzogiorno, la rappresentazione si ripete con alcune varianti. L’Angelo stavolta indossa ali e abito celesti. Inoltre, ai tre voli compiuti secondo lo schema della sera precedente, se ne aggiunge un altro (effettuato come secondo passaggio) che vede l’Angelo donare, in nome di tutta la comunità, “un pegno d’amore” alla Vergine, consistente di solito in un monile d’oro offerto dalla famiglia della bimba che impersona l’Angelo.
Le due rappresentazioni del Volo seguono una messa e precedono una processione. La processione serale del 1° luglio compie un percorso cittadino al termine del quale la Statua della Madonna torna nella propria chiesa. Quella mattutina del 2 luglio vede portare la statua nella chiesa di San Nicola, dove resta fino al giorno seguente – data in cui Vastogirardi festeggia il suo patrono – per poi essere ricondotta nella chiesa di origine. Il trasporto è curato dalle donne, cui è riservato tale ruolo in entrambe le processioni. La statua, in occasione della festa, è coperta di numerosi oggetti d’oro (anelli, bracciali, catenine, orecchini, collane) donati dai fedeli e applicati sulla stola.
LA CONFRATERNITA
Viene da chiedersi se vi siano stati motivi religiosi che abbiano collocato la rappresentazione in una precisa data del calendario: il 2 luglio, giorno della Visitazione di Maria, ricorrenza che vuole commemorare l’incontro tra la Vergine e sua cugina Elisabetta, così come narrato nel Vangelo di Luca.
Nel 1790, gli Officiali Fratelli della “laicale Congregazione sotto il titolo della Beata Vergine della Visitazione della Terra di Vastogirardi”, con un atto rogato dal “Regio Notaro” Francesco ercoli di Roccasicura, chiesero, tramite supplica rivolta a Ferdinando IV Re delle Due Sicilie, il “Regio Assenso” alle Regole del buon governo della Confraternita. La prima di dette Regole prevede “che nel dì due Luglio di ciascun anno (si) debba solennizzare la festa di detta S. Visitazione”. Vastogirardi, dunque, celebra religiosamente il 2 luglio da oltre due secoli. Bisognerà, però, attendere – come detto – il 1911 affinché la ricorrenza della Visitazione sia affiancata dalla festa in onore della Madonna delle Grazie, caratterizzata dalla sacra rappresentazione del Volo dell’Angelo, probabilmente ideato anche per ricordare la visita della Madonna a sua cugina Elisabetta.
Pertanto, la data di celebrazione del Volo dell’Angelo di Vastogirardi sembra non essere casuale. Infatti, Santa Elisabetta e suo marito Zaccaria, che non riuscivano ad avere figli, furono protagonisti d’una annunciazione fatta da un Angiolo (l’Arcangelo Gabriele).
LA CASTELLANA
La Madonna delle Grazie di Vastogirardi era anche detta la Castellana. Intorno a lei è nata una leggenda che è il mito di fondazione di un culto pugliese: quello della Madonna del Sabato, che si venera a Minervino Murge (Bari). Ecco il racconto, così come ancora è possibile ascoltarlo dalla bocca del popolo.
Nei boschi intorno a Vastogirardi, in località oggi conosciuta come Colle della Madonna, s’ergeva una modesta cappella rurale, della quale restano solo i ruderi perimetrali. Vi si venerava la Vergine delle Grazie, la cui effige era dipinta su una parete.
Nei pressi di quel luogo viveva un eremita. Egli, una notte, sognò la Madonna che gli disse: “Nessuno ha cura della mia casa. Qui tutto è malridotto e abbandonato. Vai dal prete del paese e digli che la chiesetta ha urgente bisogno di restauri”.
La mattina seguente, l’eremita si recò dal prete; ma costui rifiutò di prestare qualsiasi aiuto. Tornato nella piccola cappella, l’eremita si inginocchio davanti alla Madonna e le riferì il diniego.
“Se nessuno vuole occuparsi di questa mia dimora, disse la Madonna, è bene che me ne cerchi un’altra”.
La notte stessa, infatti, l’affresco con l’immagine della Vergine delle Grazie si staccò dal muro e volò via, attraversando in un bagliore di luce il bosco di fronte alla chiesetta. Al suo passaggio, ogni vegetazione scomparve e restò solo un solco, ancora oggi visibile. Da allora lungo quel tratto di bosco detto la selva, non cresce più nessuna pianta.
L’icona della Madonna, seguendo antichi percorsi tratturali, giunse in Puglia dove, trovata una grotta nei pressi di Minervino Murge, decise di restarvi finché non fosse stata edificata in suo onore una nuova e degna chiesa.
Un sabato di molti anni dopo, durante una battuta di caccia, un cane del principe Pignatelli, signore di Minervino, s’infilò in quella grotta. Seguendo l’animale il nobile cacciatore penetrò nella cavità sotterranea e rinvenne l’immagine raffigurante la Vergine con Bambino. Decise, allora, di far erigere in quel posto una chiesa, che oggi è diventata un santuario intitolato alla Madonna del Sabato, così detta in ricordo del giorno del ritrovamento.
L’affresco fu esposto nel santuario e sul suo retro era visibile la scritta: Madonna delle Grazie, Castellana di Vastogirardi.
La provenienza vastese della sacra effige sarebbe avvalorata anche da un episodio ritenuto miracoloso. Si racconta, infatti, che quando si decise di togliere il dipinto murale dal luogo del ritrovamento per collocarlo sull’altare principale del santuario, nessuno si dimostrò in grado di sollevarlo e trasportarlo. Tentarono decine di persone, ma inutilmente. Poi si provò con un carretto trainato da buoi, ma invano. Quel giorno, fuori dalla chiesa, c’erano quattro pastori.
Erano transumanti che avevano condotto i propri armenti nei pascoli circostanti.
“Facciamo tentare i pastori”, disse qualcuno. “Sono loro che hanno adorato per primi Maria col Bambinello. Forse riusciranno dove gli altri hanno fallito”.
I quattro, infatti, senza sforzo alcuno, sollevarono il pesantissimo affresco e lo trasportarono sull’altare.
Quando fu chiesto loro da dove venissero, risposero: “Siamo pastori di Vastogirardi”.
FONTE: “La Fanciulla con le ali” di Mauro Gioielli