Isernia Turismo
Fontana Fraterna
Categoria : Monumenti

La Fontana Fraterna è un’elegante fonte pubblica con sei getti d’acqua, dalle inusuali forme di un loggiato, realizzata con blocchi di pietra calcarea compatta.


DESCRIZIONE
(Fonte: “La Fontana della Concezione” di Guido LICCIARDI in Altri Itinerari, Anno III, n. 8 del 2005 – Volturnia Edizioni)

La fontana è articolata in tre fasce sovrapposte. A partire dal basso, vi è una serie di lastre liscie (una lastra posta sulla sinistra è certamente di epoca romana ed è un’epigrafe frammentaria con le lettere AE PONT, mentre al centro è presente un lastrone decorato con delfini e un fiore, anch’esso d’epoca romana, probabilmente proveniente da un edificio sepolcrale), poi vi è una fascia mediana con una serie di sei archi a tutto sesto sorretti, sul lato sinistro, da colonnine circolari e, sul lato destro, da colonnine ottagone.
Al di sopra delle colonnine si trovano dei capitelli di reimpiego. Due capitelli hanno l’abaco a pianta trapezoidale e forse ornavano la strombatura di una finestra. La terza fascia situata più in alto, presenta una fila di conci lisci sui quali si impostano dodici archetti pensili sorretti da mensoline ornata da motivi zoomorfi, fitomorfi e geometrici. Sul fondo della fontana in un secondo piano rispetto al loggiato, si distinguono due blocchi di età romana con dei festoni ed un’epigrafe di tipo funerario che inizia con una dedicazione agli Dei Mani. Sul lato destro della fontana è presente una terza epigrafe, di età alto medioevale, collocata tra due protomi leonine, che si riferisce alla costruzione di una fontana. Un accurato esame delle superfici permette di constatare che i blocchi sono stati lavorati a più riprese, in un intervallo temporale estremamente vasto e provengono da un numero imprecisato di edifici della città. Il manufatto rappresenta perciò un interessante abaco di lavorazioni, elementi decorativi, un esempio di cultura materiale sul quale sono scritti secoli di storia del territorio.

[pagebreak]


UN PO’ DI STORIA
(Fonte: “Isernia. Strade, vie vicoli, piazze, l’onomastica storica” di Fernando Cefalogli – Cosmo Iannone Editore)

La Fontana Fraterna così come noi oggi la conosciamo fu edificata in Largo Concezione nel 1835 con i pezzi di due distinte fontane, una a cinque “butti”  attaccata all’atrio della Cattedrale e l’altra (rovinata dal terremoto del 1805) a tre “butti” esistente già in Largo Concezione. Si ignora da quale delle due fontane provenga la famosa quanto oscura iscrizione dei Rampiniani (Infatti, incastonata nella fontana Fraterna, in alto sul lato destro, vi è una pietra lavorata che contiene un’epigrafe ed uno stemma. L’epigrafe recita: FONS ISTE/CUIUS POSIT/RAMPINIANI/ME PARABIS; lo stemma è formato da uno scudo a rilievo con una croce uncinata e si ritiene che appartenesse alla famiglia Rampino).

Conosciamo invece la provenienza delle altre due iscrizioni d’epoca romana visibili nella Fontana Fraterna; come asserisce il canonico Vincenzo  Piccoli in un manoscritto del 1824 conservato nell’Archivio  di stato di Napoli, l’iscrizione lapidaria AE PONT “si vede nella fontana del mercato”, mentre l’altra epigrafe D.M.S. FUNDANIAE SECURAE PESCENNIUS SECURUS NEC IMMERITO, “esiste nella fontana della Concezione.
Mommsen, che fu ad Isernia nel 1844, osservò l’epigrafe AE PONT nella fontana della Concezione, ma nella sua straordinaria precisione, non mancò di annotare che essa proveniva dalla fontana del mercato. A questo punto dobbiamo ritenere che le nostre conoscenze sulla Fontana Fraterna vadano aggiornate; essa, infatti, ha avuto una vita travagliata. Fu edificata senza dubbio con materiale di spoglio proveniente dai monumenti d’epoca romana, ma anche con pezzi lapidei di epoche successive.
La Fontana Fraterna nel 1835 fu ricostruita nel largo della Concezione, utilizzando anche pietre di “altra antica fontana” posizionata sulla parete della Cattedrale sul lato nord appena dopo l’Arco di San Pietro; in quella occasione fu “alzata la facciata interna portandola all’altezza di palmi otto” (prima era di palmi sette) e fu allungata da palmi nove a palmi dieci.
Nel medesimo fascicolo dell’archivio storico comunale vi è anche tutta la documentazione riguardante altri lavori sulla famosa fontana: siamo nel 1889 (sindaco Enrico Cimorelli) e la fontana fu rimossa dalla piazzetta antistante la Chiesa della Concezione e collocata poco più in là, sulla Via Marcelli, “a ridosso della casa Leone”. In questo luogo si trovava il giorno 10 settembre del 1943, quando dal bombardamento aereo degli Alleati fu totalmente scompaginata; nell’immediato dopoguerra venne ricostruita riutilizzando tutti i suoi stessi pezzi, in un ambiente completamente stravolto dalla furia delle bombe. Un’ultima osservazione è d’obbligo fare circa questo insigne monumento che è il simbolo della città di Isernia: in tutti i documenti conservati nell’Archivio storico comunale la suddetta fontana viene sempre e dovunque chiamata “Fontana della Concezione”, mentre in alcuni documenti ottocenteschi è denominata “Faterna”, così come viene chiamata ancora oggi dalle persone anziane, dal nome dell’antica piazzetta; la dizione “Fontana Fraterna” compare solo nel XX secolo.
Ecco allora che la storia di questa monumentale fontana, annoverata anche dall’Enciclopedia Treccani fra le più belle d’Italia, è tutta da riscrivere, senza nulla togliere alla sua importanza storica, architettonica e simbolica.
[pagebreak]


LA FONTANA FUSA
(Fonte: Altri Itinerari – Documento conservato presso l’Archivio Storico del Comune di Isernia)

Nella perizia del 1935  si trovano molti indizi sull’operazione di unione delle due fontane preesistenti all’attuale Fontana della Concezione. Felice Caruso riporta puntualmente alcuni elementi dimensionali della fontana che provvide a smontare.
Al punto 1 della perizia afferma che la facciata interna della fontana preesistente a tre getti aveva una lunghezza di 9 palmi napoletani (1 palmo = 0.26455 m, quindi 2.38 metri) e un’altezza di 7 palmi (1.85 m).
La nuova fontana avrebbe avuto una facciata interna lunga 23 palmi (6.08 m) ed alta 8 palmi (2.01 m). Riscontrando i dati con la fontana attuale la lunghezza è di 5.95 m e l’altezza di 2.01 m. Nella perizia per i nuovi blocchi viene prescritto l’uso di “pietra travertina” lavorata a “puntello riccio”, nella realtà si tratta di calcare compatto non travertinoide: con tutta probabilità si tratta di una diversa denominazione della stessa pietra, constatato che il travertino propriamente detto non veniva cavato nell’area. La lavorazione a “puntello riccio” lascia dei forellini sulla superficie della pietra ed è quella che si ottiene con un piccolo scalpello a punta unica colpito da un martello di piccole dimensioni e ripetutamente spostato lungo la superficie.
Al punto 2 della perizia Caruso afferma di dover realizzare una fascia “in fronte alla copertura del porticato”, situata cioè sulla facciata esterna, in alto, all’altezza della copertura. Secondo la perizia tale fascia doveva avere un’altezza di 1 ¾  palmi (0.46 m), mentre nella realtà è alta 0.39 m.
Al punto 3 viene descritta la copertura: doveva essere lunga 25 palmi ( 6.61 m), nella fontana realizzata la misura è di 6.39 m.
Al punto 4 Caruso parla di due archi da aggiungere ai sei esistenti: la lunghezza di ciascun elemento doveva essere 4 palmi (1.06 m), nella realtà materiale dell’attuale manufatto tali elementi hanno misure variabili tra 0.90 e 1.02 m, l’altezza doveva invece risultare 2 ½ palmi (0.66 m), nella realtà la misura è di 0.62 m.
Al punto 5 vengono citati due archetti pensili, “piccioli alcovi”, da aggiungere ai dieci provenienti dalle fontane precedenti: essi dovevano avere i “loro fondati”: ciascun blocco doveva cioè comprendere sia l’archetto, sia la lunetta all’interno.
Al punto 8 Caruso dichiara di dover eseguire il complesso basamento pilastro capitello, con addossate una semicolonna a base circolare ed una a base ottagona, posto al centro della fontana. Precisa che sia il pilastro che il capitello sono stati ricavati dalla lavorazione di elementi già esistenti.
Al punto 10 viene descritta l’operazione di ricomposizione del “parapetto”, della fascia bassa della fontana. Le lastre dovevano provenire da un manufatto preesistente, visto che Caruso usa la parola “compositura” e non esecuzione.
Infine, ai punti 11 e 13 vi sono interessanti notazioni sulla tecnica costruttiva da adottare: i blocchi lapidei dovevano essere collegati con “ciappe”, cioè zanche a C, fissate alla pietra con del piombo fuso.