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Safina Touta
Categoria : Storia

LE ORIGINI E L’ORGANIZZAZIONE

Il primo Molise si chiamava Safina e la sua origine rimanda ad emigranti venuti dalla Sabina, dove sovrappopolazione e calamità naturali e umane avevano reso la vita impossibile.
La prima carovana di settemila giovani lasciò l'alta Sabina, nel-la zona attuale di Antrodoco e Cittaducale (Rieti), risalì IL bacino del fiume Salto, superò il Fucino e scese per la zona dell'odierna Alfedena fino a giungere ad oriente del Matese. Qui, alle falde del massiccio montuoso, l'acqua delle sorgenti del Biferno e i pascoli delle alture convinsero i nuovi arrivati a fermarsi e a programmare la nuova dimora. Secondo alcuni autori latini, queste migrazioni erano legate a consacrazioni fatte a Marte, allora dio della forza vitale, che le proteggeva con la guida di animali a lui sacri e personaggi mitici. Così, mentre i Lucani e gli Irpini furono guidati da un lupo e i Piceni dal picchio, i Sabini ebbero il bue sacro e il mitico bovaro Cominio Castronio. In realtà l'episodio si inquadra nelle migrazioni che tra VI e V secolo a.C. si ebbero nell'Appennino centro-meridionale con partenza in primavera sotto la denominazione di Ver sacrum (primavera sacra).
Nei pressi delle sorgenti del Biferno i nuovi arrivati eressero le loro dimore, estendendo presto il dominio all'area dell'attuale Molise interno, che denominarono Safina touta, da saf-, risalente alla radice indoeuropea sabh-, evoluta in saf- nei dialetti osco-umbri e in sab- (Sabini, Sabelli, Samnites) nel dialetti latini. [pagebreak]
Le varie tribù disseminate sul territorio posero alla base della loro organizzazione politica e territoriale la touta (lo stato), in forma confederata e con un governo di tipo repubblicano democra-tico.
I Sanniti si diedero una lingua, nella prima fase (VI-IV sec. a.C.) con 23 lettere dell'alfabeto e nella forma evoluta del III secolo a.C. con 21 influenzate dall'etrusco. La loro religione era politeista ma collegata alla teologia dell'atto, cioè a divinità-atto in quanto legate alle necessità pratiche della popolazione. Tra le divinità più comuni: Cerere, dea delle terre, Ercole, dio della forza della natura (sorgenti, pastorizia, terremoti, ecc.).
Al centro della famiglia era la donna, mentre l'uomo era molto impegnato nei lavori dei campi e nella difesa dello stato. Il sannita è noto come abile gladiatore e come grande guerriero. Lo stato, con capitale Bovaians (dov'è l'attuale Boiano), aveva a capo un magistrato annuale (meddíss túvtíks).
La regione Molise, al di là delle poetiche evocazioni virgiliane, entrò nella storia nel VI secolo attraverso i Sanniti; nella iniziale fase storica il territorio andava dall'alto Sangro al beneventano e all'alta Puglia. La forma associativa era la confederazione, costituita da stati indipendenti con una ristretta sfera di attività comuni; molto diversa, quindi, dal modello fortemente accentrato della repubblica romana. [pagebreak]


LE FORTIFICAZIONI E LE GUERRE

Nel IV sec. a.C. i Sanniti avevano raggiunto un elevato grado di organizzazione ed erano ormai una potenza con cui Roma sottoscriveva patti tra eguali: nel 354 a.C. Roma e Sannio sottoscrissero un patto in cui si individuava il fiume Liri quale confine tra le due aree d'influenza.
Le due parti continuarono comunque a controllarsi, probabilmente motivate da analogo spirito di potenza, come si evince leggendo Livio (5.23.9): «...decidiamo con le armi se il dominio sull'Italia debbano averlo i Sanniti o i Romani.»
Non è un caso, quindi, se proprio nel IV secolo a.C. i Pentri, nerbo di tutte le genti sannitiche, misero su una rete di fortificazioni a copertura dell'intero loro territorio (attuale Molise interno). Si tratta di cinte murarie di vetta disposte strategicamente, finalizzate alla difesa e costruite nel IV secolo a.C., alla vigilia dello scontro con Roma.
Gli eventi forse ne spiegano meglio la nascita perché la guerra tra Roma e i Sanniti scoppiò nel 343 a.C., e per 50 anni si contarono tre lunghi scontri, sanguinosi e devastanti, noti nei testi di storia come "Guerre sannitiche", conclusisi con alterne vicende. Nella seconda guerra, conclusasi nel 304 a.C., si ebbe l'episodio delle Forche Caudine (321), molto umiliante per i Romani, che però si rifecero presto penetrando nel Sannio attraverso il beneventano. Vi fu pace, ma ad alto costo per i Sanniti, che videro sfumare per sempre il sogno di dominio sulla Valle del Liri e sulla costa tirrenica. Non solo. Roma mise in atto un puntuale progetto di accerchiamento conclusosi con l'Alleanza degli Apulli e dei Lucani, operazione che vide i Sanniti completamente isolati. [pagebreak] Infatti, quando nel 297 Sanniti, Etruschi, Galli Senoni, Umbri tentarono di difendere le singole individualità statali dall'espansione di Roma, il colpo andò a vuoto. E fu anche la fine. La cura delle forze militari era nei Sanniti al primo posto e seguita con metodi e mezzi severi. Si spiega così la preparazione e la specializzazione nella guerra di montagna in particolare (sorta di alpino d'altri tempi!), cui si sommava la dedizione totale alla causa. Un’idea si ha leggendo il famoso giuramento di Aquilonia per la costituzione della "Legione linteata”.
S'era fatta una leva per tutto il Sannio con una nuova legge in virtù della quale chi non fosse accorso, fra i giovani, alla chiamata dei capi e chi si fosse allontanato senz'ordine, dovesse essere consacrato alla vendetta di Giove. Poi tutto l'esercito ricevette l'ordine di raggiungere Aquilonia. Qui si radunarono sessantamila uomini, il fiore delle milizie sannitiche. Ivi, quasi al centro dell'accampamento, si racchiuse tutt'intorno con tramezzi e graticci e si coprì con drappi di tela uno spazio che si estendeva al massimo per duecento piedi in ogni direzione. Ivi si offrì un sacrificio secondo quanto s'era letto in un vecchio libro linteo: il sacerdote era un uomo anziano, un certo Ovio Paccio che sosteneva di ricavare tale sacro rito da un antico cerimoniale, cui s'erano un tempo attenuti i loro antenati, quando avevano preso la segreta decisione di togliere Capua agli Etruschi. Compiuto il sacrificio... i più nobili per stirpe e imprese venivano fatti entrare... e costretti a giurare secondo una formula terribile che invocava la maledizione su di sé, sulla famiglia e sulla stirpe, se non fossero andati a combattere là dove i comandanti li avessero condotti e se fossero fuggiti dal campo di battaglia... Alcuni che s'erano rifiutati di prestare tale giuramento furono trucidati sugli altari, i loro cadaveri, abbandonati in mezzo al mucchio delle vittime (del sacrificio), servirono d'esempio agli altri perché non si rifiutassero... La legione fu chiamata linteata dalla copertura del recinto in cui era stata consacrata la nobiltà; a questi guerrieri furono date armi splendide ed elmi col pennacchio perché si distinguessero da tutti gli altri (Tito Livio, X, 38, par. 3-12). [pagebreak]
In realtà, non era solo il pennacchio a distinguere i guerrieri sanniti, ma la forma delle altre armature, alcune delle quali vennero imitate dagli avversari.
Probabilmente ad influenzare la cultura dei Sanniti sotto vari aspetti fu la Magna Grecia, vicina e pre-sente nella stessa formazione della lingua del nuovo popolo: la Tavola di Agnone (III secolo a.C.), sorta di locandina di bronzo appesa nel santuario alto molisano, nel testo presenta grecismi significativi sotto tale aspetto, oltre a testimoniare la forza organizzativa di una "nazione" e la nutrita presenza di divinità femminili nel pantheon di quel popolo.
Lo stesso sistema di fortificazioni si avvicina molto ad un modello di ingegneria militare e civile ad un tempo, se si considera che le cinte sulle vette tra gli 800 e i 1000 metri di quota assicuravano il controllo del territorio dall'alto e delimitavano un’area utilizzabile per allevamento e coltivazione, quindi con possibilità di lunga resistenza al nemico. È noto che i Sanniti avevano l'allevamento alla base dell'economia pubblica e privata, anche se prevalentemente del tipo transumante.
Nell'odierno Molise, allora nocciolo duro del mondo sannitico, sono state scoperte oltre 30 fortificazioni di varia grandezza: la fortificazione di San Paolo, sul Volturno, all'incrocio delle strade Tirreno-Adriatico e basso Lazio-Sannio interno (Sora-Atina- Isernia), ha una cinta di ben 6 chilometri con terreno protetto di oltre 200 ettari. L’uso di tali suoli circoscritti era diverso, perché in qualche fortificazione, per esempio a Pescolanciano, sono visibili residui di fusione, mentre in altre come quella della montagna La Romana di Isernia il disegno pone in cima la cinta di controllo, sul fianco l'abitato e alle falde una necropoli, già utilizzata alla fine del VI secolo a.C.


(Fonte: Molise da Stato a Regione  a cura di Natalino Paone, Gianfranco De Benedittis - Pubblicazione della Presidenza della Regione Molise)