Il Carnevale di Bagnoli del Trigno rientra tra le rappresentazione carnevalesche che fanno della personificazione del ciclo annuale il fulcro della rappresentazione scenica.
Nel Molise fino a qualche decennio fa erano abbastanza diffusi questi rituali carnevaleschi in cui venivano rappresentati i mesi dell’anno attraverso l’allestimento di carri trainati da animali (Campobasso, Riccia, Cercepiccola, Gualdialfiera, Isernia e Bagnoli del Trigno). I carri e i personaggi erano espressione della ciclicità della natura vista dal contadino. Il rito affonda, dunque, le sue radici nella tradizione della civiltà contadina, ma in realtà ha origini antichissime.
La personificazione delle stagioni ha ispirato l’uomo sin dai tempi degli Egizi, dei Greci e dei Romani, ma è con la diffusione delle ballate e delle canzoni in italiano volgare che questa tradizione prende il largo. Tale repertorio medioevale riesce a sopravvivere e ad arrivare sino ai nostri giorni inserendosi nel folklore delle regioni dove assume le sembianze di drammatizzazione carnevalesca.
Il Carnevale dei 12 mesi di Bagnoli del Trigno, pur inserendosi nei riti propiziatori che tendono a creare gli auspici per il buon raccolto della terra, ha note specifiche legate al canto popolare bagnolese “Sanghe de Serinella” nel quale si narra di un certo “Francische lu giulliere”.
Francische lu giulliere è il protagonista della festa, una sorta di Pulcinella locale, che sembra coincidere con il Carnevale vero e proprio, e che chiama a raccolta i Mesi, le 12 tappe dell’anno, visti dalla prospettiva contadina.
Nella tradizione il suo costume era bianco, in mano portava un bastone e in testa un alto cappello oppure una corona.
La manifestazione si conclude con la distruzione del fantoccio di Carnevale, gesto simbolico per lasciarsi alle spalle le disavventure dell’anno appena trascorso. Quando il fantoccio è completamente bruciato inizia il nuovo anno agricolo che porta con sé la primavera.
Sanghe de Serinella
Sanghe de serinella ècchela vì na faccia bella.
Dimme mo che t'àie ncuntrate
velemme fà nu cuntrattate?
Tu me dice se c'è' piacere,
singhe Francische lu giuilliere,
tinghe tanta de sacchitte
chiene de paglia e de munnezza;
n'àie fatte maie nu mbruglie
ne conosce portafuglie;
àie fatte tante canzune,
n'àie avute mai calzune.
Te le diche 'n verità,
singhe nate 'n povertà.
Nen me trove maie pentite,
se n'àie avute maie vrstite,
e le nane puverelle
n'hanno avute maie anelle;
è pe me nu grande elogio
si n'àie avute maie rilloggio,
e pe cheste nen me ne piglie,
facce grossa na famiglia.
Ecchela vì la faccia bella,
chest'è la nobble tarantella.
Se canusce ch'è fatta male
è state nu scherze de Carnevale.
(Fonte: I canti popolari del Molise – raccolta a cura di Alberto Cinese)
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