Le Mainarde entrano nel Parco Nazionale d'Abruzzo
La battaglia per assicurare la tutela di luoghi così importanti, ma tanto vulnerabili, è stata lunga e difficile. L'idea di estendere il Parco Nazionale d'Abruzzo anche al comprensorio delle Mainarde risale al 25 Novembre 1921, quando la lunga discussione sulla delimitazione del Parco portò all'esclusione delle Mainarde. L'idea però, se rimase fuori dalla legge, continuò a far parte del disegno di completamento del Parco stesso nella sua naturale unità geofisica ed ecologica e germogliò poi in seno alle associazioni protezionistiche verso la fine degli anni Sessanta, mentre venne espressa compiutamente per la prima volta nel Piano di assetto del Parco Nazionale d'Abruzzo redatto da Italia Nostra, che porta la data del 1968. A quell'epoca l'Italia del «miracolo economico» faceva registrare anche qui i primi rozzi tentativi di aggressione al territorio, condotti in nome della solita «valorizzazione turistica». Sorgevano strade a sfregio delle più belle montagne, come quella che, tuttora visibile, taglia orribilmente il Monte Piana, poi fortunatamente bloccata nei pressi delle gole di San Michele a Foce; spuntavano alberghi fuori scala ripetutamente fallimentari, come quello di Castel San Vincenzo; nasceva un tentativo di lottizzazione nel pianoro de Le Forme, con l'occasione ribattezzato Vallefiorita, raggiunto da una lunga e tortuosa strada che si ricongiungeva poi con un'altra arteria collegante Alfedena alla radura dei Campitelli, in nome di un analogo progetto di sviluppo turistico. L'idea comune era quella di costruire villaggi d'alta quota, per raggiungere di li i bacini innevati del massiccio della Meta ed attrezzarli con impianti sciistici.
Va oggi dato atto all'ex consorzio per la valorizzazione delle Mainarde, che comprendeva i comuni interessati della zona, se alla fine degli anni Sessanta ogni spinta speculativa venne bloccata e fu invece aperto il dialogo con l'Ente Autonomo Parco Nazionale d'Abruzzo.
Nell'anno 1969 il Parco, dopo essere stato travolto nel vortice di questa moderna invasione barbarica e aver subito la rapina di una parte non indifferente delle proprie risorse ambientali e naturali, tentava il riscatto e la riorganizzazione. Non trascurando mai, malgrado i mille pressanti problemi, gli approcci e le esplorazioni verso l'incantevole settore molisano. A quell'epoca solo una ristretta porzione della montagna di Pizzone, circa 400 ettari, rientrava nel territorio del Parco. L'atmosfera del momento, al bivio tra l'assalto del cemento e la riscossa della natura, è ben resa da queste parole, riprese dalla Guida alla natura d'Italia pubblicata nel 1972: «Proprio ai margini del Parco Nazionale d'Abruzzo, tra le Valli del Volturno e della Melfa, sta la catena delle Mainarde... Sulle montagne circostanti feriscono l'occhio strade rovinose e invadenti, preparate per l'aggressione al Parco... preludio di un'orgia di cemento, villette, costruzioni e impianti che è sul punto di scatenarsi. Eppure la vocazione di questo territorio, dove tutta la fauna preziosa dell'Appennino vive ancora, non può essere che quella di una conservazione accorta e razionale. Il viaggiatore se un giorno accorrerà a visitare le Mainarde, non lo farà certo per ammirare una qualsiasi dozzinale stazione sciistica, ma per ritrovare una natura non offesa, abitata da animali e rallegrata da foreste, un autentico ambiente di vita a misura dell'uomo».
A dispetto dei pronostici più scoraggianti e delle esorbitanti forze da contrastare sul piano degli interessi politici ed economici, ma soprattutto dell'incultura di fondo, i progressi del Parco furono rapidi e consistenti. Nel 1970 esso aveva già creato, attorno ai 30 mila ettari tutelati, una ampia zona di protezione esterna di 70 mila ettari, comprendente naturalmente anche le Mainarde; nel 1976, a conclusione di una vigorosa campagna - una delle più vivaci nella storia dell'ambientalismo italiano - il Parco assicurò anche la salvaguardia del massiccio del Monte Marsicano, estendendosi finalmente su 40 mila ettari e sventando così uno dei più pericolosi progetti di speculazione edilizia. Poté quindi consacrare parte delle proprie energie al versante molisano, su cui si addensavano nuvole tempestose di iniziative non certo compatibili con le esigenze ecologiche: presentando ufficialmente nel marzo 1977 il «Progetto Mainarde», così descritto sinteticamente sul Notiziario (n. 15) del Parco stesso: «Una consistente speranza di risveglio per uno dei più splendidi ed intatti angoli del Molise nasce per effetto di un Piano di assetto territoriale, elaborato dall'Ente Autonomo del Parco Nazionale d'Abruzzo d'intesa con la Regione Molise, la Comunità Montana del Volturno, il Consorzio per la valorizzazione turistica delle Mainarde e otto comuni della provincia di Isernia. Fondandosi sulle eccezionali risorse naturali ed ambientali delle Mainarde e dell'Alto Volturno, sul collegamento territoriale con l'adiacente Parco Nazionale e sulle possibilità offerte dalla Legge regionale 30 maggio 1975, n. 39, il Progetto Mainarde pone oggi le premesse per lo sviluppo culturale, sociale, economico e civile del comprensorio, nel sostanziale rispetto delle sue più autentiche prerogative. Scartate a priori soluzioni sbagliate ed antieconomiche di rapina (del tipo della realizzazione massiccia di strade, impianti sportivi e complessi residenziali attuata colonialisticamente da capitali esterni, senza alcuna reale partecipazione del tessuto locale), il Progetto ipotizza invece un originale modello «alternativo» di recupero e vitalizzazione dei centri abitati, fondato sul godimento della natura che ancora costituisce qui la più promettente risorsa... ».
Accompagnava la descrizione una sommaria ma chiara mappa del comprensorio, destinato a diventare per 3.500 ettari una Riserva Naturale adiacente e complementare al Parco. Il Progetto Mainarde, che era stato ampiamente illustrato, discusso e condiviso nell'ambiente delle collettività locali, riscosse apprezzamenti quanto mai favorevoli e venne lodato a gran voce in ogni sede competente. Nei fatti, tuttavia, incontrò non lievi ostacoli dovuti a circostanze varie e ad incomprensioni legate probabilmente alla convinzione che prima o poi un'idea balzana come questa, priva di consistenti appoggi politici, sarebbe caduta nel dimenticatoio. Dovevano quindi passare molti anni di oscure, alterne vicende perché la questione tornasse clamorosamente alla ribalta. Il merito fu, ancora una volta, dei grandi progressi compiuti nel frattempo dal Parco Nazionale d'Abruzzo: nel rilievo nazionale e internazionale, nella concezione organizzativa, ma soprattutto come efficace volano produttivo di indiscutibili benefici sul piano sociale, economico e occupazionale.
Forte del successo conseguito in vent'anni di intensa attività - che avevano tradotto in realtà concreta le intuizioni al limite tra sogno e utopia del Piano di Italia Nostra del 1968 - il Parco rielaborò nel 1989 il vecchio Progetto Mainarde, rilanciandolo con forza alla ribalta della pubblica opinione. Un impulso validissimo venne da parte di alcuni sindaci molisani, e soprattutto dal sindaco di Rocchetta a Volturno, che aveva seguito con crescente ammirazione la rinascita dei villaggi del Parco, e in primo luogo di Civitella Alfedena. Seguì un intero anno di convulse riunioni, trattative, polemiche e iniziative pubbliche, nel corso del quale esplose la crescente forza del giovane ambientalismo molisano, facente capo soprattutto al Wwf. Venne coinvolto lo stesso Ministero dell'Ambiente, furono raccolte petizioni popolari, si registrò una vivacissima apertura della stampa su questo tema. Nell'autunno del 1989 finalmente i comuni interessati deliberarono favorevolmente e, su questo presupposto, il Consiglio regionale del Molise accolse all'unanimità la richiesta del Ministro dell'Ambiente. Con decreto del Presidente della Repubblica del 10 gennaio 1990, su proposta del Ministro dell'Ambiente, il comprensorio delle Mainarde, esteso circa 4 mila ettari, è entrato a far parte del Parco Nazionale d'Abruzzo, la cui estensione raggiunge ormai 44 mila ettari. A ben vedere, si tratta di uno dei pochi successi della natura, di un raro caso in cui la realtà dei fatti ha superato parole e promesse, insomma di una miracolosa vittoria della conservazione.
La parte più impegnativa, nella storia del contrastato ma irresistibile connubio tra Parco e Mainarde, incomincia ora. Si tratta d'integrare questa splendida zona, con tutto il proprio patrimonio naturale, ma anche storico, umano e culturale, nella viva e dinamica realtà del Parco. Garantire la conservazione dei suoi valori fondamentali, assicurando anche un ragionevole ed armonioso sviluppo di quei villaggi, altrimenti condannati all'emigrazione e all'abbandono o, peggio ancora, alla sopraffazione e allo snaturamento del moderno turismo di massa. Alcune iniziative sono state già intraprese: a Pizzone si sta restaurando un edificio destinato ad ospitare il Centro di visita dell'orso marsicano, la cui area faunistica sorgerà nelle vicinanze, e si è completamente ristrutturato il rifugio montano del falco, in località Le Forme; a Rocchetta a Volturno è stato creato in tempi brevissimi un Ufficio di zona del Parco, e nella frazione di Castelnuovo sta per essere realizzata, in posizione panoramicissima, un'area faunistica consacrata al camoscio d'Abruzzo. Un corso di formazione ha coinvolto una quarantina di giovani locali, cercando di sviluppare le nuove professionalità che molto presto risulteranno preziose per l'avviamento di adeguate attività educative, logistiche, turistiche. Le ricerche scientifiche, e soprattutto quelle botaniche, sono state intensificate, con risultati notevoli. Ma molto resta ancora da fare. Nel Progetto Mainarde era previsto un impulso a ciascuno dei comuni che hanno conferito parte del proprio territorio montano al Parco, attraverso opere promozionali e interventi culturali ben calibrati. Un Centro di visita della fauna appenninica a Castel San Vincenzo, affacciato sull'omonimo lago; un Centro di visita della cultura molisana, con Museo del Folklore e delle Tradizioni Popolari a Scapoli, patria della zampogna; un Centro di visita della Flora appenninica, con Giardino Botanico a Filignano; e molte altre iniziative tendenti a sviluppare ed esaltare il carattere e la vocazione di ciascun paese puntando sul recupero e sulla rivitalizzazione dei centri storici e sullo sviluppo delle forze endogene locali. Dipenderà anche dallo Stato, attraverso il Ministero dell'Ambiente, e dalla Regione Molise, che dovranno porre a disposizione del Parco i fondi necessari, se ogni previsione del Progetto Mainarde potrà tradursi rapidamente in realtà. Qualcosa è comunque già cambiata, e una positiva inversione di tendenza si sta registrando. Ormai gli abitanti del posto, e soprattutto i giovani, possono guardare all'avvenire con una nuova, viva speranza.
(Fonte: Franco Tassi)
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