La scelta
Va considerato innanzitutto che il tartufo è un frutto di stagione e va quindi consumato nelle diverse specie nel periodo di maturazione. Esistono in commercio tartufi conservati o prodotti a base di tartufi di qualità spesso accettabile, ma nessuno di essi è paragonabile al tartufo fresco. Da evitare del tutto l’olio aromatizzato al tartufo, che, essendo ottenuto da sintesi chimica, nulla ha a che fare con il prodotto fresco e risulta piuttosto sgradevole e indigesto. Certo il prezzo al consumo del tartufo, in particolare il bianco e il nero pregiati, è spesso proibitivo. Ma poichè, come detto, vanno usati in modiche quantità, tutto sommato è un privilegio che si può di tanto in tanto concedere ai menù più raffinati. Per riconoscere un buon tartufo vanno usati tutti i sensi: alla vista il tartufo si deve presentare il più possibile uniforme e senza marciume; l’aspetto superficiale ci dà una prima indicazione della specie; naturalmente il profumo è un importante indicatore per distinguere le varietà e il grado di maturazione: il bianco, ad esempio, si distingue per l’odore molto intenso e un tartufo dal profumo poco marcato è sinonimo di tartufo acerbo, e quindi anche di sapore scialbo; premendolo leggermente con due dita il tartufo fresco opporrà una buona resistenza; viceversa, se troppo secco tenderà a presentarsi elastico e gommoso; anche l’udito è un buono strumento per riconoscere la freschezza del tartufo: avvicinandolo all’orecchio e premendolo con le dita, il tartufo non dovrà produrre crepitii, segno della presenza di piccoli fori all’interno del tubero dovuti spesso alla presenza di parassiti; un buon esame visivo, tattile,olfattivo e uditivo sarà in grado di darci sufficienti indicazioni circa qualità e freschezza del tartufo e ripagherà di certo anche il gusto.
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