Il Castello di Venafro - Approfondimento
Degli altri cavalli della sala si sono quasi completamente perdute le epigrafi e sono recuperabili solo parzialmente quelli della parete lunga, opposta alle finestre. Sulla parete opposta, l’ampliamento delle aperture nel XVIII secolo e la creazione abbastanza recente di una tramezzatura, ha quasi totalmente fatto scomparire ogni pittura. Dalle caratteristiche delle selle e soprattutto dei morsi nonché delle staffe si desume che i cavalli ritratti in questa sala erano adatti ai combattimenti. Ma il conte venafrano allevava anche cavalli da corsa che dovevano essere particolarmente richiesti.
Ed è questa l’ultima testimonianza della presenza di Enrico Pandone nel castello di Venafro. Esattamente un anno dopo egli tradiva Carlo V per schierarsi a favore di Lautrec: una decisione che lo avrebbe portato al patibolo e avrebbe definitivamente cancellato il nome della sua casata dai feudatari che si avvicendarono sulle terre venafrane.
Per molti anni nel castello non abitò più alcun feudatario e forse solo agli inizi del XVII secolo qualche lavoro fu effettuato per adeguarlo alle esigenze dei nuovi padroni che lo tennero in possesso, più che altro, attraverso propri amministratori. Nella figurazione araldica posta sul portale del salone, al disopra dello stemma a rilievo dei Pandone, infatti, rimane il ricordo della presenza dei Peretti-Savelli nel dominio della città nel XVII secolo.
Il castello di Venafro, G. Morra, F. Valente, Edizioni Enne, 1993
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