LA FONTANA FUSA
(Fonte: Altri Itinerari – Documento conservato presso l’Archivio Storico del Comune di Isernia)
Nella perizia del 1935 si trovano molti indizi sull’operazione di unione delle due fontane preesistenti all’attuale Fontana della Concezione. Felice Caruso riporta puntualmente alcuni elementi dimensionali della fontana che provvide a smontare.
Al punto 1 della perizia afferma che la facciata interna della fontana preesistente a tre getti aveva una lunghezza di 9 palmi napoletani (1 palmo = 0.26455 m, quindi 2.38 metri) e un’altezza di 7 palmi (1.85 m).
La nuova fontana avrebbe avuto una facciata interna lunga 23 palmi (6.08 m) ed alta 8 palmi (2.01 m). Riscontrando i dati con la fontana attuale la lunghezza è di 5.95 m e l’altezza di 2.01 m. Nella perizia per i nuovi blocchi viene prescritto l’uso di “pietra travertina” lavorata a “puntello riccio”, nella realtà si tratta di calcare compatto non travertinoide: con tutta probabilità si tratta di una diversa denominazione della stessa pietra, constatato che il travertino propriamente detto non veniva cavato nell’area. La lavorazione a “puntello riccio” lascia dei forellini sulla superficie della pietra ed è quella che si ottiene con un piccolo scalpello a punta unica colpito da un martello di piccole dimensioni e ripetutamente spostato lungo la superficie.
Al punto 2 della perizia Caruso afferma di dover realizzare una fascia “in fronte alla copertura del porticato”, situata cioè sulla facciata esterna, in alto, all’altezza della copertura. Secondo la perizia tale fascia doveva avere un’altezza di 1 ¾ palmi (0.46 m), mentre nella realtà è alta 0.39 m.
Al punto 3 viene descritta la copertura: doveva essere lunga 25 palmi ( 6.61 m), nella fontana realizzata la misura è di 6.39 m.
Al punto 4 Caruso parla di due archi da aggiungere ai sei esistenti: la lunghezza di ciascun elemento doveva essere 4 palmi (1.06 m), nella realtà materiale dell’attuale manufatto tali elementi hanno misure variabili tra 0.90 e 1.02 m, l’altezza doveva invece risultare 2 ½ palmi (0.66 m), nella realtà la misura è di 0.62 m.
Al punto 5 vengono citati due archetti pensili, “piccioli alcovi”, da aggiungere ai dieci provenienti dalle fontane precedenti: essi dovevano avere i “loro fondati”: ciascun blocco doveva cioè comprendere sia l’archetto, sia la lunetta all’interno.
Al punto 8 Caruso dichiara di dover eseguire il complesso basamento pilastro capitello, con addossate una semicolonna a base circolare ed una a base ottagona, posto al centro della fontana. Precisa che sia il pilastro che il capitello sono stati ricavati dalla lavorazione di elementi già esistenti.
Al punto 10 viene descritta l’operazione di ricomposizione del “parapetto”, della fascia bassa della fontana. Le lastre dovevano provenire da un manufatto preesistente, visto che Caruso usa la parola “compositura” e non esecuzione.
Infine, ai punti 11 e 13 vi sono interessanti notazioni sulla tecnica costruttiva da adottare: i blocchi lapidei dovevano essere collegati con “ciappe”, cioè zanche a C, fissate alla pietra con del piombo fuso.
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