Gli scavi oggi
In questi ultimi anni l’area degli scavi è stata attrezzata in modo da rispondere nel modo migliore alle esigenze di una moderna ricerca archeologica a carattere interdisciplinare.
Lo scavo è stato ricoperto da un padiglione di circa 700 mq all’interno del quale è possibile condurre le attività di esplorazione per lunghi periodi. Ad esempio nel corso del 2003 gli scavi, iniziati all’inizio di aprile, sono terminati nel mese di dicembre. Il padiglione è attrezzato con strumentazione fissa per il rilievo e la documentazione, quali una stazione totale GEOTOP, vari computer e quando necessario uno scanner 3D.
Il padiglione è costruito in modo da consentire la visita del pubblico anche durante le fasi di scavo. Il visitatore può assistere così alle varie fasi dell’esplorazione: l’individuazione e l’isolamento dei reperti, il restauro dei materiali sulle archeosuperfici, le tecniche di documentazioni manuale e informatizzata, il restauro dei materiali, ecc.
Anche il settore del lavaggio e del vaglio è stato opportunamente organizzato per consentire la raccolta dei materiali più minuti nel migliore delle condizioni di lavoro possibili.
La formazione del deposito
Gli scavi e gli studi interdisciplinari dei depositi, esplorati per uno spessore di almeno 6 metri, consentono oggi di tracciare un quadro articolato e sufficientemente chiaro della sequenza dei fenomeni naturali che hanno interessato l’area a partire da almeno 700.000 anni fa fino ai nostri giorni.
I cacciatori paleolitici si insediarono più volte su piccoli rilievi in prossimità di ambienti umidi, talvolta esondati da piene improvvise. Dopo l’abbandono, l'accampamento venne rapidamente sepolto da una potente coltre di sedimenti alluvionali, derivati da una rapida erosione dei rilievi circostanti sollevati dall’azione tettonica quaternaria. Manifestazioni vulcaniche accompagnarono a più riprese questo fenomeno, causando la messa in posto di tufi e ceneri con strati dello spessore anche di qualche decina di centimetri.
Tutto ciò determinò un rapido seppellimento delle evidenze archeologiche consentendo così l’istaurarsi di condizioni del tutto favorevoli per lo stato di conservazione dei suoli d'abitato che oggi vengono sistematicamente esplorati. La sequenza che caratterizza la successione di Isernia può quindi essere riassunta nel modo seguente: 1- In origine l'area è occupata da un bacino lacustre che deposita sabbie e limi; 2- Il bacino si interra e si deposita un livello travertinoso che emerge e viene alterato dagli agenti naturali; 3- Sul travertino, alterato ed eroso, si imposta il primo suolo d'abitato indicato con la sigla 3c; 4- Questo primo accampamento (3c) è coperto da una alluvione che deposita argille, limi e contestualmente ceneri vulcaniche; 5- L’area è nuovamente frequentata a più riprese da comunità umane che lasciano consistenti testimonianze delle attività svolte; esse costituiscono una nuova archeosuperficie indicata con la sigla 3a;
6- Questo secondo livello archeologico è sepolto da un colluvio (colata di fango) costituito da materiali fini; la sua età è di circa 600-700 mila anni; 7- Segue una fase nella quale diventano di nuovo dominanti gli apporti fluviali e vulcanici, caratterizzati da sabbie grossolane (piroclasti); 8- È questo il momento durante il quale l'uomo si accampa una terza volta contribuendo alla formazione di una archeosuperficie conosciuta con la sigla 3S10. 9- Il terzo accampamento è ricoperto da depositi fini fluviali che diventano più grossolani verso la sommità; la sequenza è intercalata da paleosuoli e da tufi vulcanici risalenti a circa 500 mila anni fa; 10- Si scopre il sito archeologico e si inizia lo scavo.
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