Safina Touta
Infatti, quando nel 297 Sanniti, Etruschi, Galli Senoni, Umbri tentarono di difendere le singole individualità statali dall'espansione di Roma, il colpo andò a vuoto. E fu anche la fine. La cura delle forze militari era nei Sanniti al primo posto e seguita con metodi e mezzi severi. Si spiega così la preparazione e la specializzazione nella guerra di montagna in particolare (sorta di alpino d'altri tempi!), cui si sommava la dedizione totale alla causa. Un’idea si ha leggendo il famoso giuramento di Aquilonia per la costituzione della "Legione linteata”.
S'era fatta una leva per tutto il Sannio con una nuova legge in virtù della quale chi non fosse accorso, fra i giovani, alla chiamata dei capi e chi si fosse allontanato senz'ordine, dovesse essere consacrato alla vendetta di Giove. Poi tutto l'esercito ricevette l'ordine di raggiungere Aquilonia. Qui si radunarono sessantamila uomini, il fiore delle milizie sannitiche. Ivi, quasi al centro dell'accampamento, si racchiuse tutt'intorno con tramezzi e graticci e si coprì con drappi di tela uno spazio che si estendeva al massimo per duecento piedi in ogni direzione. Ivi si offrì un sacrificio secondo quanto s'era letto in un vecchio libro linteo: il sacerdote era un uomo anziano, un certo Ovio Paccio che sosteneva di ricavare tale sacro rito da un antico cerimoniale, cui s'erano un tempo attenuti i loro antenati, quando avevano preso la segreta decisione di togliere Capua agli Etruschi. Compiuto il sacrificio... i più nobili per stirpe e imprese venivano fatti entrare... e costretti a giurare secondo una formula terribile che invocava la maledizione su di sé, sulla famiglia e sulla stirpe, se non fossero andati a combattere là dove i comandanti li avessero condotti e se fossero fuggiti dal campo di battaglia... Alcuni che s'erano rifiutati di prestare tale giuramento furono trucidati sugli altari, i loro cadaveri, abbandonati in mezzo al mucchio delle vittime (del sacrificio), servirono d'esempio agli altri perché non si rifiutassero... La legione fu chiamata linteata dalla copertura del recinto in cui era stata consacrata la nobiltà; a questi guerrieri furono date armi splendide ed elmi col pennacchio perché si distinguessero da tutti gli altri (Tito Livio, X, 38, par. 3-12).
S'era fatta una leva per tutto il Sannio con una nuova legge in virtù della quale chi non fosse accorso, fra i giovani, alla chiamata dei capi e chi si fosse allontanato senz'ordine, dovesse essere consacrato alla vendetta di Giove. Poi tutto l'esercito ricevette l'ordine di raggiungere Aquilonia. Qui si radunarono sessantamila uomini, il fiore delle milizie sannitiche. Ivi, quasi al centro dell'accampamento, si racchiuse tutt'intorno con tramezzi e graticci e si coprì con drappi di tela uno spazio che si estendeva al massimo per duecento piedi in ogni direzione. Ivi si offrì un sacrificio secondo quanto s'era letto in un vecchio libro linteo: il sacerdote era un uomo anziano, un certo Ovio Paccio che sosteneva di ricavare tale sacro rito da un antico cerimoniale, cui s'erano un tempo attenuti i loro antenati, quando avevano preso la segreta decisione di togliere Capua agli Etruschi. Compiuto il sacrificio... i più nobili per stirpe e imprese venivano fatti entrare... e costretti a giurare secondo una formula terribile che invocava la maledizione su di sé, sulla famiglia e sulla stirpe, se non fossero andati a combattere là dove i comandanti li avessero condotti e se fossero fuggiti dal campo di battaglia... Alcuni che s'erano rifiutati di prestare tale giuramento furono trucidati sugli altari, i loro cadaveri, abbandonati in mezzo al mucchio delle vittime (del sacrificio), servirono d'esempio agli altri perché non si rifiutassero... La legione fu chiamata linteata dalla copertura del recinto in cui era stata consacrata la nobiltà; a questi guerrieri furono date armi splendide ed elmi col pennacchio perché si distinguessero da tutti gli altri (Tito Livio, X, 38, par. 3-12).
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