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Cultura : GLI ALTARINI DEL CORPUS DOMINI A ROCCAMANDOLFI
il 24/6/2011 11:30:17 (4821 letture)

A Roccamandolfi, domenica 26 Giugno 2011 è prevista la tradizionale processione per il Corpus domini, la cosiddetta processione dei “sebbuleche” (dall’alterazione del termine “sepolcro”, voce popolare che indica l’altare della deposizione allestito in Chiesa in una cappella laterale, la sera del giovedì Santo).
La festa del Corpo del Signore, risale al 11 Agosto 1264 quando Urbano IV promulga la Bolla Transiturus con la quale viene istituita la Festa del Corpus Domini a seguito del prodigio avvenuto l’anno precedente ad un prete boemo, tale Pietro da Praga, da sempre dubbioso sulla verità della transustanziazione, mentre era in viaggio da Praga a Roma, celebra la Santa Messa presso la tomba di S. Cristina in Bolsena (nei pressi di Orvieto) e vede del sangue che stilla dall'Ostia consacrata e bagna abbondantemente il corporale ed i lini liturgici.

Il tradizionale ed antico evento cattolico si svolge da allora ogni anno, la data della sua celebrazione è fissata 63 giorni dopo Pasqua, ovvero 9 domeniche dopo quella di Pasqua.

Nel picco centro matesino, così come in tante altre parti d'Italia, ancora perdura un barlume d’usanza nel portare solennemente in processione per le vie del paese l’ostensorio con la particola consacrata, che viene ospitato di volta in volta in vari “altarini” preparati per l'occasione nei diversi quartieri.
Fino a non molti anni fa, l'allestimento degli “altarini” coinvolgeva gli abitanti di tutti i quartieri che erano coinvolti nel passaggio della processione, a tale proposito vigeva un proverbio locale: “povera a chela casa andò nen ce passa la preggessione” (povera quella casa dove non passa la processione). Da ciò si comprende l’importanza del sentimento religioso misto a fanatismo e superstizione che animava gli abitanti di Roccamandolfi. Non era detto che ogni anno gli altari venissero preparati e, sempre nello stesso luogo, infatti, potevano succedere degli accadimenti particolari come una malattia che portava i fedeli a optare per lo spostamento dell’altarino più in la, lontano dalla casa dell’ammalato poiché, si riteneva che, la presenza del sacerdote nei pressi dell’abitazione del degente avrebbe peggiorato il decorso della malattia anticipandone la morte. Nei casi di lutto di una famiglia del quartiere, l’”altarino” non veniva allestito, quale segno evidente di partecipazione collettiva del vicinato al dolore che aveva colpito gli amici. A questi tristi episodi si aggiungevano anche motivazioni più futili come litigi fra dirimpettai che rompevano l’armonia del vicinato e la coesione del quartiere.

Ieri come oggi, nel tardo pomeriggio, dalla Chiesa Madre parte la solenne processione con il Sacerdote che porta nelle mani un meraviglioso ostensorio dorato, coperto da un antico baldacchino bianco ricamato in oro zecchino, una volta portato da sei “fratelli” della Confraternita del SS.mo Sacramento, che si suppone tutti vestiti con i caratteristici abiti tradizionali e tanti bambini vestiti con gli abiti bianchi della prima comunione.
Durante la processione che si snoda lungo le vie principali del paese, riccamente addobbate con tanta devozione, si intonano antichi canti come il “Tantum ergo”, poi si sosta presso tutti gli “altarini” su cui il sacerdote poggia l’ostensorio del Santissimo Sacramento e dopo una breve preghiera, genuflesso su un immancabile inginocchiatoio, effettua la benedizione. Lo scopo iniziale degli “altarini” dovette essere proprio quello di consentire una sosta al parroco per sgravarsi del peso dell’ostensorio durante il lungo tragitto, allestendo scenografie che riproducessero al meglio le sembianze di una cappella con altare, prendendo spunto dalla mensa della deposizione del giovedì santo. I caratteristici “altarini” vengono preparati dai fedeli che abitano nei diversi quartieri, il giorno del Corpus Domini con compiti ben precisi: le donne si danno appuntamento in un punto prestabilito per costruire l’altare, scegliendo i capi di corredo più belli; agli uomini era affidato il compito della struttura portante; ai bambini la raccolta dei fiori campestri; agli anziani la vigilanza dell’altarino seduti ai suoi lati con l’intonazione dei canti eucaristici, giaculatorie e la recita del rosario. Ogni famiglia mette a disposizione vari oggetti: tappeti, coperte, tovaglie ricamate a mano, candelieri, statuette o quadri raffiguranti il Sacro cuore di Gesù, fiori e piante. Tutte le abitazioni ai balconi e alle finestre che si affacciano lungo il percorso della processione, espongono le migliori coperte lavorate a mano, poggiate sopra copri letti di Seta di San Leucio dai colori sgargianti per creare un effetto di trasparenza e mettere in risalto i disegni e la lavorazione. È tradizione quando passa la processione che le donne più anziane della famiglia, rimaste in casa nell’impossibilità di prendere parte alle sacre funzioni, lancino verso il baldacchino petali di fiori di ginestre, rose e papaveri, creando una suggestiva cascata di colori quale gesto di venerazione per la particola eucaristica e come omaggio di allegria alla festa. Un tempo questa ricorrenza era molto sentita dagli abitanti di Roccamandolfi anche per motivi di carattere sociale: il paese era diviso arbitrariamente in due fazioni giovanili “quelli della parte bassa” e “quelli della parte alta”, in conflitto tra loro: i confini tra le due parti erano delimitati dalla posizione di via Colle Barbieri detta “Mastre Andrea”. La festa del Corpus Domini costituiva l’occasione buona per riaccendere la miccia dell’originale rivalità tra le due parti: ognuna, in aperta competizione con l’altra, si impegnava all’inverosimile per costruire l’altare più bello.
L’”altarino” doveva apparire il più possibile baroccheggiante, fin quando si poteva. Per le giovani spose era anche l’occasione di esibire pubblicamente le coperte più pregiate dei loro corredi, esposte ben distese sui balconi e alle finestre delle loro abitazioni. I fiori dovevano essere rigorosamente freschi e colorati perché i loro petali servivano per comporre i simboli religiosi che adornavano l’”altarino” nonché per ornare il tappeto sottostante su cui si fermava il parroco. I fiori più utilizzati per gli altarini erano le ginestre e le rose; le lunghe foglie dei gladioli, invece, erano adoperate di preferenza per creare a terra i disegni a tema religioso. La concorrenza tra i quartieri spesso era sleale e gli allestitori mandavano squadre di bambini a ispezionare i preparativi negli altri vicoli, con lo scopo di riferire eventuali accortezze o dettagli che sarebbero andati a discapito della loro attività. L’incontro di questi stuoli di ragazzini si concludevano inevitabilmente in grandi baruffe.
Tra gli “altarini” più elaborati e di grande effetto scenico per ricercatezza dei particolari e soprattutto per le notevoli dimensioni, si ricorda quello organizzato fino a qualche decennio fa dalla famiglia Colardo, nel quartiere San Giovanni.
Dopo la benedizione finale impartita dal sacerdote dalla Casa Comunale, appositamente addobbata con fiori e coperte, la festa si concludeva ritornano ogni quartiere al proprio “altarino” con la gara finale dello “sparo” che consisteva nello scoppio di piccoli petardi e nell’accensione di scintille e girandole colorate: più ne erano e più le parti se ne compiacevano perché l’intento era quello di “zittire” gli avversari mostrando superiorità in fatto di organizzazione e di disponibilità economica. A tale proposito, si racconta che gli organizzatori del tempo erano animati al punto tale da autotassarsi con una questua effettuata dai bambini del quartiere nei giorni precedenti, pur di vincere la “tacita guerra”. La fede, senza riserve, era la molla che scatenava la gara perché forte era la convinzione che chi vincesse mostrava più fervore religioso e più godeva dei favori divini.
Oggi non c’è più rivalità tra le parti in quanto il paese è più compatto, e con la rivalità è quasi scomparsa del tutto la tradizione degli altarini eccetto qualche caso.

Quest’anno, la giovane Amministrazione Comunale insieme alla Pro Loco di Roccamandolfi, accogliendo entusiasticamente la proposta di chi scrive, con l’unanime intento di dar vita alle antiche tradizioni, ha indetto un concorso municipale ponendo in palio la somma simbolica di 200 euro per l’”altarino” meglio realizzato e di 100 euro per la coperta più bella esposta sui balconi.
Con tale iniziativa, ci si auspica che la festività del Corpus Domini possa di nuovo essere molto sentita dalla popolazione di Roccamandolfi e che l’estro artistico dei compaesani, espresso attraverso le loro originali creazioni degli “altarini”, possa ogni anno attirare sempre più numerosi visitatori, è diventare per il paese e per il territorio Matesino un importante appuntamento annuale turistico-religioso ed anche una splendida manifestazione di carattere folcloristico, ricca di fede, storia e tradizione, al pari dell’infiorata della Madonna dei Monti di Campobasso



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