Si è molto dibattuto per il passato e tuttora sull’opportunità di “eliminare” le province, o di accorparle in unità di più grandi dimensioni.
Le varie ipotesi sono state spesso basate su approcci poco documentati sui reali benefici e sui possibili costi che tali scelte potrebbero comportare.
L’argomentazione più frequente è che eliminando le province si conseguirebbe una riduzione dei “costi della politica” e calcoli sommari danno cifre molto rilevanti sui risparmi possibili.
Stime più realistiche, hanno da subito messo in evidenza che i risparmi dei “costi della politica” sono poco significativi rispetto ai sacrifici oggettivi che il Paese dovrà affrontare nei prossimi anni.
“Uno studio curato dall’Università Bocconi sul tema, senza assumere posizioni pregiudizialmente favorevoli o sfavorevoli, - hanno spiegato il Presidente della Giunta Provinciale di Isernia Luigi Mazzuto e il Presidente del Consiglio provinciale Lauro Cicchino - ha cercato di ricostruire un quadro attendibile delle entrate e delle spese delle Province e di valutare il ruolo che esse svolgono, ma anche l’efficienza con cui operano e la capacità di reperire autonomamente dai territori amministrati una parte consistente delle entrate necessarie a produrre i servizi.
L’analisi ha permesso di evidenziare alcuni fenomeni che smentiscono alcune delle tesi finora sostenute ma anche di delineare una proposta di riassetto delle province.
Tale studio è integralmente disponibile sul sito istituzionale dell’UPI nazionale, all’indirizzo http://www.upinet.it/3734/istituzioni_e_riforme/certetbocconi/.
A tale riguardo, è interessante conoscere le risultanze cui è pervenuto tale studio prendendo visione di alcuni dei grafici elaborati dall’autorevole Università, di seguito allegati.
Sul piano propositivo, lo studio – hanno sottolineato Mazzuto e Cicchino - evidenzia, inoltre, che non vi è una relazione statisticamente significativa tra dimensione territoriale e demografica delle province e il loro livello di efficienza amministrativa.
Questo non significa affatto che non vi siano inefficienze da superare ma che una migliore efficienza non si ottiene semplicemente eliminando le amministrazioni più piccole.
Il confronto con i livelli di efficienza dei comuni, mediamente inferiori a quelli delle province, mette in evidenza i rischi di un trasferimento di funzioni verso il basso.
Proprio questo aspetto, invece, - hanno concluso Mazzuto e Cicchino - indica che la via dell’efficientamento possa essere percorsa in senso inverso, valorizzando la funzione di assistenza che le province possono attuare nei confronti dei comuni e degli enti locali del territorio”.